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Ogni Santuario, le cui origini sono molto antiche, è
circondato da leggende.
Anche il Santuario di Materdomini ha la sua storia confusa con
racconti leggendari e non sempre è possibile separare
le due fonti: la storia dalla leggenda.
Tra le molte che accompagnano le origini del nostro Santuario
raccontiamo la leggenda del drago.
La tradizione riferisce che la zona boschiva, dove poi sarebbe
stata ritrovata l'Icona della Madonna e dove sarebbe sorto il
Santuario, era infestata da una presenza infernale, mostruosa:
un drago.
Una schifosa, orribile bestia.
Viene così descritta da uno storico: "Aveva il corpo
a guisa di cane, i denti di cinghiale, le orecchie di lupo,
i piedi di gallo, l'ali di pipistrello, la schiena coverta di
dure scaglie, la coda verde e carnosa, dagli occhi spirava veleno
e dalle narici mandava velenose fiamme" (Fra Bernardino
da Lioni, Istoria della Miracolosa Immagine di S. Maria Materdomini,
p.3. Napoli 1834).
Nessuno che avesse incontrato il drago poteva salvarsi, un solo
suo morso era la morte.
La semplice popolazione contadina del luogo era terrorizzata
e pochi osavano inoltrasi nella boscaglia.
Qualche tempo prima che fosse ritrovata la sacra Immagine, 12
anni, nella fortezza costruita sul monte Solano, che si leva
come cono solitario sulla spianata (281 m.), era rinchiuso,
stretto in ceppi, un prigioniero, reo non si sa di quale delitto.
nativo del villaggio che sorge ai piedi del monte, Roccapiemonte.
Una notte, non si sa come, il carcerato riuscì a liberarsi
dai ceppi, a sottrarsi alla sorveglianza delle guardie e fuggire.
Mentre a precipizio correva lungo la china del monte tra i boschi,
gli si fece incontro, spaventoso, vomitando fuoco, il drago.
Terrorizzato il fuggitivo invocò a tutta voce e con grande
fede la Madonna perché lo salvasse. Con quante forze
aveva scagliò la zagaglia (la lancia acuminata e dentata)
che si ritrovava contro il drago. Lo colpì in fronte.
La bestia, fulminata, giacque al suolo dibattendosi e facendo
così che il ferro penetrasse più a fondo, finché
morì.
Rapidamente la lieta notizia si diffuse tra la gente.
Nell'accaduto fu visto l'intervento soprannaturale, si gridò
al miracolo e poiché il soldato andava insistentemente
ripetendo che aveva invocato con tutta fede la Madonna, a lei
fu attribuita la liberazione del prigioniero dal carcere della
fortezza e del popolo dal terrore della mostruosa presenza.
Del salvato non si conservò il nome.
Solo
più tardi fu chiamato semplicemente Salvo.
Nella zona ricorre con frequenza tra i nomi di famiglia quello
di Salvi, che fa pensare a una discendenza dal prigioniero graziato
e miracolosamente liberato.
Questo avvenimento, ricordato in una formella del portone della
Basilica, con altri fatti straordinari, contribuì a che
la gente credesse ai racconti della Veggente, chiamata Caramari,
e si desse da fare nel cercare il dipinto nascosto da qualche
parte.
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