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Il castello nella storia

 


Il Castello di Cammarata
e la chiesa di Maria SS. di Cacciapensieri

Il P. La Pilusa ci parla dell’origine del paese di Cammarata, sorto attorno al Castello della «Signora Lucia».

«Prima dell’epoca normanna e dei documenti di Lucia nella storia di Sicilia non s’incontra il nome di Cammarata; si parla solo del Castello di Cammarata, cioè del Castello della montagna di Cammarata, di cui essa prese il titolo e la signoria feudale di «Lucia Domina Castelli Cameratae».

Non escludo che attorno al Castello vi potesse essere un misero abitato, forse distrutto dagli stessi Arabi e di poca importanza, forse di villani musulmani e che Lucia riedificò, facendolo ingrandire formandone un paese, dandovi il nome del monte.

Ciò spiega il senso storico del Castello che chiama il nuovo paese di Lucia «Oppidum novi nominis» e che Luigi Tirrito riporta testualmente facendo nascere la moderna Cammarata sotto Lucia e non più di là dell’epoca normanna.

Pertanto la fondazione di Cammarata è coeva alla fondazione della Chiesa di Maria S.S. di Cacciapensieri e secondo il Tirrito e i critici moderni il nome Cammarata, come paese, vien fatto la prima volta nei diplomi 1141, 1150, 1153 dalla Contessa Lucia, quando appunto parla della fabbrica di detta Chiesa e dei suoi tenimenti concessi al Vescovo di Cefalù.

La solennità di detti diplomi, la descrizione delle terre e dei casali dei quali Lucia faceva erede la nostra Madonna, concedendovi anche il dominio temporale dei contadini, di ben quattro casali, quello di S. Lucia annesso al Santuario medesimo; quelli di Artusa, S. Venere, Gallinica e Rahaltavilla mostrano l’importanza del nostro Santuario.


Il diploma inedito del 1153, firmato dall’Arcivescovo di Bari, dà conoscenza della consacrazione della Chiesa di S. Maria, fatta (p. 80) dal medesimo chiamato a questo scopo in Sicilia dallo stesso Ruggero.

Notate l’atto solenne, particolare di Ruggiero. Lucia suprema protettrice del paese che nasceva sotto il suo Castello, volle oltre il suo, edificare un castello più prezioso, più bello a Nostra Signora di Cacciapensieri facendone il castello della sua fede cristiana, del suo amore verso sì celeste Signora, la casa religiosa del suo popolo.


Essa scolpì immortale il suo nome in Cammarata, ma sopra il suo nome vi scrisse quello della Madonna di Cacciapensieri, innalzandovi un monumento di pietà che ha sfidato i secoli, gigante come il monte cui ha affidato il sacro è glorioso tesoro. Lucia edificando la chiesa di Maria SS. di Cacciapensieri.

Un Km. sopra il suo Castello - questo Castello sarà stato forse il Castello Casazza: dentro la selva dell’attuale nostro giardino la dotava del suo patrimonio di 12 feudi e 5. casali con armenti, contadini e villani.

Questa sua principesca munificenza ci rivela l’amore, la fede di Lucia alla nostra Madonna.

La pia fondatrice nel suo documento dice i motivi per cui fondava la Chiesa: Ad onore e gloria della taumaturga Madonna, per la redenzione dell’anima sua, dei suoi figli, dei suoi consanguinei: «Ope et voluntate» del suo glorioso Ruggiero.


Detta Chiesa volle Ruggiero che fosse tenuta in pari culto alla Cattedrale di Cefalù.

Che cosa dicono tutti questi interessi?

La fede di Ruggiero e di Lucia, la Chiesa, le larghe donazioni assegnatele, la solennità dei diplomi, il culto perenne e la tradizione dei miracoli portentosi sono tali monumenti gloriosi che la stessa critica la più razionalista ed impenitente dovrà riconoscere.


La forte fede, l’immenso amore di Lucia rivelano (p. 81) che questa reale donna riponeva tutto il suo onore, tutte le sue eccellenze, tutte le sue glorie nella Madonna di Cacciapensieri.

La Madonna era il palpito continuo del cuore di «Lucia Domina Cameratae»:
«Tu gloria, tu laetitia, tu honorificentia populi nostri».

Dopo Lucia il nostro Santuario fu tenuto al culto dal Capitolo di Cefalù fino a che il Vescovo noi cedette a Frat’Andrea Amoroso Domenicano per edificarvi, attaccato, un Convento pei Frati Minori.

Signori, «notate verba signàta misteria»: il Vescovo vuole che servano la Madonna i figli di Francesco; facciamo un po’ d’esegesi locale (P. La Pilusa, pp. 79-81).

 


 
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